M.V.M.

Creato il
27/1/99.



Politici a guardia del loro formicaio

MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN

La Repubblica, 26 / 1 / 1999.


Il grido di Umberto Bossi ("non vogliamo un'Italia multietnica!") è una delle dichiarazioni di principio più trasparenti mai emesse dal razzismo socioeconomico postmoderno. Il pericolo albanese sostituisce vantaggiosamente i pericoli tellurici precedenti: il tartaro, il giallo o il turco. L'Europa del Nord minaccia di ritirare le sovvenzioni all'Europa del Sud e questa a sua volta si agita contro il pericolo dell'invasione dei barbari, sia che vengano dall'Est, dalle smantellate repubbliche socialiste, sia dal Sud, da una piattaforma di emigrazione africana che parte dall'Africa Equatoriale e balza verso l'Europa a partire dai suoi punti più immediati: l'Italia meridionale e la Spagna.
A Milano, una manifestazione proclama il rifiuto degli immigranti illegali, attribuendone l'incremento dei tassi di criminalità e senza che nessuno riporti la statistica secondo cui continuano a essere più pericolosi gli italiani per gli italiani, gli spagnoli per gli spagnoli o i francesi per i francesi di quanto non lo sia qualsiasi collettivo immigrante. Per quanto violentino, uccidano o rubino, gli immigranti non superano mai quantitativamente né qualitativamente il tasso di violenza messo in atto dagli aborigeni tra di loro, ma gli estranei alimentano il timore irrazionale nei confronti del diverso e dell'insicurezza acustica. Raramente l'immigrante ha fatto in tempo a rasserenare i propri lineamenti grazie a una vita stabile: il suo sistema di segnali non si adegua al codice egemonico e all'interno di tale sistema di segnali, la lingua lo denuncia e trasmette insicurezza acustica. L'insicurezza peggiore, quella che ci fa riconsiderare i punti cardinali come se non fossero più quelli di sempre.
L'Europa del Sud ha perso la memoria della propria angoscia migratoria verso l'America o verso l'Europa bionda e bianca del Nord, una memoria migratoria piena anche di lotta per la vita nelle peggiori condizioni di marginalità e di mafie da soppravvivenza nate nel sottosuolo del sistema. Non le serve più quella memoria per inorgoglirsi della strada percorsa verso la modernità e all'interno di essa perché ciò significherebbe trovare una giustificazione razionale al perché delle migrazioni attuali.
Davanti a esse persino la vecchia cultura della sinistra ha rinunciato alla Teologia della Solidarietà e si lascia sedurre dalla Teologia della Sicurezza. Il sistema di sicurezza europeo esige che le frontiere del Sud dell'Europa si dimostrino salde davanti alle prevedibili ondate di fuggiaschi dai paesi globalizzati in cerca del Nord globalizzatore. La Spagna deve controllare la doppia penetrazione latinoamericana e africana perché non arrivi fino a Poitiers dove già Carlo Martello fermò l'invasione islamica nell'VIII secolo, mentre l'Italia deve proteggersi e proteggere l'Europa da albanesi e africani. E non si è che agli inizi. Il nuovo ordine economico internazionale è una maschera che cerca di coprire un disordine pericolosissimo, il quale trasforma ancora una volta coloro che in altri tempi venivano chiamati i dannati della Terra in bombe migratorie verso i ricchi mercati del lavoro, mercati che deterranno la maggior parte di quel 20% dell'umanità produttiva reale necessaria nel prossimo secolo. Per il rimanente 80% bisognerà programmare molta diversione e molta repressione, motivo per cui gli analisti della logica interna del neocapitalismo speculano sulla necessità di sviluppare l'affare delle carceri private e sul mestiere di poliziotto ugualmente privato, quando lo Stato sarà incapace di garantire l'ordine in una società non più dei tre terzi, ma scissa tra una minoranza inserita e una maggioranza disintegrata e de- identificata.

LE formazioni politiche temono di perdere parte del loro mercato elettorale se risuscitano il discorso della solidarietà che riconosce il diritto a cercare lavoro e sopravvivenza ovunque questi si trovino, e solo alcuni movimenti sociali extraparlamentari tengono in piedi senza alti e bassi né opportunismi una difficile battaglia culturale contro la xenofobia di fronte alla vertigine della globalizzazione. Xenofobia, religiosità convenzionali e di nuovo stampo, nazionalismo, nuovi fondamentalismi che concedono sostituti di sicurezza all'interno di un sistema produttivo e commerciale mondiale senza referenti precisi, con centri di decisione extraterritoriali, come inghiottiti da un triangolo delle Bermuda che non si trova nemmeno alle Bermuda. Davanti a questo disordine incontrollato dai poteri politici, risulta patetica la figura di un qualsiasi leader sottoglobale che si piazzi all'ingresso del suo formicaio a impedirvi soprattutto l'ingresso di formiche albanesi o messicane.

(Traduzione di Hado Lyria)