M.V.M.

Creato il
14/10/99.



I viaggi di un premier a caccia di ribalta

MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN

La Repubblica, 19 / 9 / 1999.



Felipe González (a sinistra) e José María Aznar.
I leader politici delle grandi po tenze non vanno mai all'estero per le loro campagne promozionali. I cittadini delle grandi potenze concepiscono l'estero soltanto come un seccante spazio alternativo pieno di persone che prima o poi diventano ingombranti o ingrate. Molti politici di Stati "minori", invece, usano ancora l'astuzia di presentarsi in altri paesi da cui reclamizzarsi dimostrando così di essere capaci di apparire nelle foto insieme con gente importante e rilasciare en passant dichiarazioni quasi sempre chiaroveggenti sui problemi del mondo e del proprio paese.
La Spagna era uscita dal lungo tunnel franchista complessata da un isolamento niente affatto splendido, e i suoi politici democratici hanno sempre cercato di dimostrare quanto a loro agio si sappiano muovere all'estero. Dagli Stati Uniti, Santiago Carrillo - allora segretario generale del Partito comunista spagnolo di recente legalizzazione - aveva annunciato la rinuncia al leninismo. Fu sempre dagli Stati Uniti che Felipe González cominciò a costruirsi una statura da statista internazionale capace di pronunciare una frase canonica: "Preferisco morire per una coltellata nella metropolitana di New York che vivere in un ospedale psichiatrico sovietico". Già allora esistevano opzioni meno drammatiche, ma Felipe González ebbe il fiuto di sintetizzare la postmodernità socialdemocratica molto prima che Blair e Giddens inventassero la faccenda della "Terza Via".
L'attuale capo del governo spagnolo, José Maria Aznar, è stato sempre complessato per i successi internazionali di Felipe González. Nonostante gli sforzi per dimostrare di far parte della galassia degli statisti di portata internazionale, non è riuscito a darla a bere del tutto agli spagnoli e si dubita seriamente che gli stranieri ci credano. Ma in Spagna, i media più para-governativi hanno dato inizio alla campagna per le elezioni generali del 2000 con la seguente spiegazione: Aznar trionfa all'estero, ma da noi non sa vendere i suoi successi. Davanti alla levatura internazionale acquisita da Felipe González, un impegno della squadra politica di Aznar è stato per l'appunto quello di promuoverlo globalmente talvolta con errori clamorosi, come l' infelice viaggio a Mosca in veste di paciere nella guerra nei Balcani, senza essere ricevuto da Eltsin, che pure non può fare a meno di ricevere tutti quanti, persino nel reparto di rianimazione dell'ospedale.
Il recente viaggio in Italia di Aznar è stato presentato in Spagna come una passeggiata trionfale, acclamato dalle ovazioni di politici italiani di ogni tendenza affascinati dai successi politici-economici del capo del governo spagnolo. A dar credito ai suoi apologeti, Aznar ha fatto colpo parlando della facilità con cui si stanno creando in Spagna nuovi posti di lavoro. Secondo questi media, in Italia non si parla che del ridimensionamento del diavolo e dell'inferno decretato dal Papa, e della politica di Aznar sul fronte della disoccupazione. Ma, pur non mentendo, le statistiche spagnole sul problema non dicono tuttavia la verità. Vengono creati molti posti di lavoro precario che gonfiano i risultati, mentre gli imprenditori si ritrovano con facilitazioni mai avute nel primo ventennio di transizione alla democrazia, facilitazioni risalenti a tempi pre-marxiani, direi quasi pre-ricardiani.
È difficile individuare i meriti del presidente Aznar, che non ne è certo sprovvisto. Ma risulta eccessivo che lo si indichi come il primo politico europeo ad avere incontrato Arafat dopo la firma dell'accordo con gli israeliani, perché si è trattato di pura coincidenza, e non di un espresso desiderio di Arafat con l' intenzione di consultarlo a Roma sulla bontà o meno degli accordi. Se Aznar si è dovuto servire dell'astuzia di presentarsi come il politico senza carisma di cui la Spagna abbisognava dopo l'eccesso di carisma di González, non può in vista delle elezioni generali del 2000 servirsi dello stratagemma di farsi avanti come un politico ancor meno carismatico del candidato socialista, Almunia. Sarebbe un trucco eccessivo, perché del resto Almunia si è dato parecchio da fare, lasciandosi fotografare quest'estate in costume da bagno con il corpo aitante e vacanziero di un discobolo che cerca il disco nella sabbia vittima a un tratto del colpo della strega.
Davanti a questa offensiva socialista, Aznar - coccolato dall' internazionale popolare come unico capo di governo dell'Unione Europea a militare nelle sue file - sarebbe stato accolto in Italia con gli onori riservati a un personaggio chiave di una nuova, futura egemonia. Ma in quest' uomo c'è qualcosa - nonostante gli errori socialisti e i venti favorevoli della congiuntura economica - che non riesce a convincere gli spagnoli di trovarsi davanti al leader che loro si meritano. Non si conosce una sua frase che meriti di essere ricordata. E pur avendo imparato a sorridere come un Chaplin, non lo fa come Charlie, ma come Geraldine. Inoltre, in lui è troppo evidente come, a suo parere, l'estero sia soltanto un errore o un eccesso geografico.

(Traduzione di Hado Lyria)