M.V.M.

Creato il
29/7/99.



IO E CARVALHO:
CHI È L'ASSASSINO?

MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN

EL PAÍS, Babelia, 22 / 2 / 1997.


Venticinque anni di Carvalho. È nato in Kennedy l'ho ucciso io*, nel 1972, come un eroe subnormale, all'ombra del mio saggio Manifesto subnormale, pubblicato da Planeta perchè la censura l'aveva proibito a Seix Barral, ed il romanzo finí nelle bancarelle di libri in liquidazione nei grandi magazzini. In una notte etilica del 1973, Pepe Batlló e Frederíc Pagés mi presero sulla parola, una parola sbronza: il celebratissimo romanzo spagnolo era un'illeggibile merda nutrita dai preziosi ridicoli di una critica col complesso di cucitori dell'imene della donzella letteraria per il realismo sociale, i personaggi ci mettevano 30 pagine a salire una scala ed era necessario ricuperare l'innocenza narrativa dei romanzi di guardie e ladri. Vi diró di piú, aggiunsi senz'altro sotto l'effetto di un whisky infame, io sono capace di scrivere uno di quei romanzi in 15 giorni. Lo feci. E si vede. Tatuaggio sembra scritto dal doganiere Rousseau tra un quadro e l'altro.
    Venticinque anni dopo Kennedy l'ho ucciso io*, Carvalho è un punto di riferimento convenzionale in 24 lingue e lo citano come se fosse abituale nel loro immaginario anche coloro che non hanno mai letto i romanzi nei quali è protagonista. Ha ricevuto una dozzina di premi internazionali, uno di essi concesso da Sciascia in particolare per Assassinio al Comitato Centrale ed Il pianista, ex aequo, e Carvalho ha qualcosa a che vedere con il Premio Nazionale delle Lettere che Vázquez Montalbán ha ricevuto nel 1995. I romanzi di Carvalho, al di là della transizione spagnola, disegnano il viaggio dall'età dell'innocenza degli anni Sessanta all'età di tutti gli impieghi precari e le disoccupazioni stabili, questa globalizzata età senza speranza. Carvalho si è messo nelle migliori nostalgie e nei piú lucidi nichilismi e assiste alla sua età d'argento seccato con l'autore che ha promesso di ucciderlo nel 2000. C'è dell'altro. Nel 1997 a Vienna, Carvalho ha interpretato un monologo contro Vázquez Montalbán (Prima che il millennio ci separi*). Lí Carvalho dice tutto quel che pensa di me e denuncia tutte le volte che si è sentito tradito dalle mie strumentalizzazioni. Fautore del romanzo necessario, anche se giallo, fucsia o verde, Carvalho esige il riconoscimento del suo contributo ad una teoria del disincanto etico, laico di fine millennio. Sa di non essere un buon protagonista di polar. Pochi romanzi polizieschi si rifiutano di svelare chi è l'assassino perchè in quel caso il lettore si sentirebbe defraudato perchè ha completato il lungo viaggio della lettura senza ottenere la fiducia dell'autore. Il lettore cerca di sapere tanto come lo scrittore, che il romanzo sia giallo o meno, e si puó stabilire un parallelismo tra l'indagine sulla finalità del racconto ed il viaggio che i filosofi greci presentavano come la base della conoscenza: partire dalle cause prime fino ad arrivare alla causa ultima e nel contempo originale: alezeia, togliere il velo alla dea, alezeia, togliere la conoscenza dell'assassino all'autore.
    La cultura della fiction, letteraria o cinematografica, ha scelto di creare un prototipo di lettore che è contento soltanto se gli danno finali totali, meglio se felici, ma vanno bene anche quelli infelici, purchè siano finali. Non c'è niente di piú scioccante della scoperta che in ogni finale c'è un principio, perchè lo spettatore, o il lettore, in genere non si sente preparato a continuare la vita, la storia, il niente o la fiction per conto suo. Il lettore di romanzi criminali vuole sapere chi è l'assassino, perchè e per che cosa, e pochissimi lettori accettano il coitus interruptus per quanto possa essere geniale. Sono rari i lettori che leggono accettando freddamente che si sono inseriti in una realtà convenzionale costruita con parole e che quindi dovrebbero essere sufficientemente generosi da permettere allo scrittore di giocare con il tempo e con i giudizi morali. Il lettore preferisce la previdibilità e ricordo che il romanzo di Agatha Christie che entusiasmava di meno il suo pubblico abituale era quello piú interessante da un punto di vista letterario, L'assassinio di Roger Ackroyd (1926). In una finezza tecnica, inusuale in zia Agatha, l'assassino è lo stesso io narrante, frustrante evidenza finale per il lettore disorientato. Il lettore toglieva i veli alla dea in compagnia di un cicerone che era la dea stessa, la verità, l'assassino, la morte.
    Questa necessità di sapere chi è l'assassino non è solo frutto di una curiosità, ma anche di un atteggiamento morale: il crimine merita di essere castigato. Nella storia della narrativa criminale sono abbondanti i finali esemplari di assassini inguardabili e soltanto la miglior narrativa noir contemporanea si è azzardata a proporre l'ambiguità del male e del bene come perversa unità dei contrari. Ci sono persino romanzieri noir che non castigano l'assassino. Aiutano il lettore a scoprirlo, ma una volta nuda la realtà, non compaiono né la polizia né il signor giudice per imporre il peso della legge. Carvalho appartiene a questa razza, isolato dalla doppia verità, la doppia morale, la doppia contabilità della politica delinquente o del delitto politicizzabile. Io, anzi, Carvalho non ha mai consegnato un colpevole alla polizia o alla giustizia. Non appartiene alla deontologia di un investigatore privato applicare la legge repressivamente, ma inoltre, dato che parliamo di letteratura, ogni scrittore sa che il vero assassino del suo romanzo è lui stesso. Lo scrittore è la ragazza al bar e l'amante della ragazza al bar, il gangster e la polizia, l'omosessuale ed il fascista, il marxista e l'eterosessuale, la vittima ed il carnefice. Ho cercato di trasformare questa evidenza nell'alezeia fondamentale del mio finora ultimo romanzo di Carvalho, Il premio. Con il punto di riferimento mitico di ouroboros, il serpente che si morde la coda, l'assassino del mio romanzo è lo scrittore. Cioè, io. E se non sono arrestato nelle prossime ore significa che non ci si puó piú fidare neanche della letteratura.

(Traduzione di Carlo Andreoli)