In questi giorni è atteso, nelle librerie italiane, un nuovo libro di Paco Ignacio Taibo II.
Te li do io i tropici
Si intitolerà Te li do io i Tropici. Tradotto da Simona Geroldi e Silvia Sichel, sarà pubblicato da Marco Tropea nella collana "Le Gaggie". Il volume, in brossura, conta 384 pagine (ISBN 88-438-0232-1).

Per l'occasione, Paco Ignacio Taibo II sarà in Italia per un breve ciclo di incontri.


Riportiamo di seguito, per gentile concessione dell'editore, le note di presentazione del volume.

Paco Ignacio Taibo II è uno degli scrittori latinoamericani più amati dal pubblico italiano, che lo segue con affetto nelle sue molteplici vocazioni di romanziere, saggista storico, attivista politico appassionato e contagioso, infaticabile propagandista della nuova letteratura latinoamericana.

Proprio in questo libro, i sempre più numerosi fans troveranno la summa delle vocazioni di Paco Taibo, saggi storici e articoli, romanzi e racconti, ma anche riflessioni sulla storia eroica e sfortunata delle tante rivoluzioni che hanno nutrito di speranza il continente latinoamericano.

Un libro-labirinto che ha l’intima coerenza interna che caratterizza le innumerevoli attività del suo autore, da sempre teorico del “caos organizzato” e di una gioiosa e rigorosa rottura degli steccati tra i generi e le competenze.

Si può affrontare la lettura di un libro come un ballerino di danzón affronta la pista da ballo? E’ così che Paco Ignacio Taibo II immagina ci si debba accostare al suo immane zibaldone: con “ritmo, fianchi agili, sudore tropicale, schivate e finte”. Tra romanzi brevi, racconti, lettere, descrizioni, poesie, fotografie, note biografiche, reportage, cronache, interviste e altri scritti del tutto inclassificabili, il vulcanico scrittore messicano ha composto un personalissimo scenario di fine millennio. Non ci si aspetti però un insieme disordinato, perché, spiega l’autore “Man mano che procedevo ad assemblare e riscrivere, e in seguito scrivendo i capitoli nuovi, mi sono reso conto che questa cronaca non aveva l’incoerenza che avevo sperato; che in qualche modo stava prendendo forma una versione, letteraria e giornalistica, dei tempi che mi era toccato di vivere nell’ultimo decennio”.

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