M.V.M.

Creato il
13/11/98.


Ancora su O Cesare o nulla:

1) Articolo di Antonio Gnoli

2) Intervista su Mucchio selvaggio

3) Intervista su l'Unità

4) Chi sono i Borgia


Borgia, la frenesia del potere

GIORDANO STABILE

Specchio, 3 / 10 / 1998.


«A volte penso, Niccoló, che lei sia piú entusiasta del mio fine di quanto non lo sia io stesso. Talvolta ho l'impressione di star posando per lei, di essere paragonabile in qualche modo a quegli animali sviscerati dai medici per studiare l'anatomia o le vie del sangue». Chi parla è Cesare Borgia, detto il Valentino. Il suo interlocutore è il grande Niccoló Machiavelli, che nel Principe userà Cesare come modello di politico senza scrupoli ed efficiente. È un dialogo immaginario. Solo nella letteratura sono possibili certe rivincite. Ma è divertente immaginare un Machiavelli che quasi incute timore al condottiero piú spietato di quell'inizio di '500. Autore di questo dialogo immaginario è lo scrittore Manuel Vázquez Montalbán, giallista reso celebre dalla serie di Pepe Carvalho. Lo abbiamo incontrato a Milano in occasione dell'uscita in Italia del suo O Cesare o nulla, romanzo dove fa rivivere i personaggi di un'epoca grandiosa. Quella di Ariosto e Raffaello. Michelangelo e Lorenzo il Magnifico. Un'epoca di contrasti fortissimi, che vede un papa, Alessandro VI, ovvero Rodrigo Borgia, vivere come un principe laico tra lussi e cortigiane, favorire apertamente i suoi figli illegittimi, come appunto Cesare. Oppure dare in sposa la figlia Lucrezia, solo per ragioni politiche, a tre diversi potenti: Giovanni Sforza, dal quale divorzia, Alfonso d'Aragona, che viene assassinato, e infine Alfonso d'Este, duca di Ferrara.

—Perché un romanzo sui Borgia?
—In realtà non è un romanzo storico. Piú che gli aspetti romanzeschi, mi interessava ricostruire il dibattito filosofico e politico dell'epoca. È il secolo in cui s'inscrive il ciclo dei Borgia. Dal 1455, quando Alonso de Borja diventa papa Callisto III, al 1548, quando Francesco Borgia entra nella Compagnia di Gesú e inizia il suo cammino verso la santità. Un'epoca di grande cambiamento: crolla il vecchio ordine medievale e ne nasce uno nuovo.

—C'è, nel romanzo, ammirazione per Niccoló Machiavelli ma anche simpatia per Savonarola, il frate che attaccava con asprezza inaudita i Borgia in nome di una morale cristiana che tendeva al misticismo.
—Si ricorda I fratelli Karamazov di Dostoevskij? Machiavelli è come Ivan, il filosofo raziocinante, mentre Savonarola è Aliosha, il mistico. Machiavelli ha una visione analitica della realtà, a volte cinica. È la solita contraddizione tra moralità e interessi politici ed economici. Savonarola voleva una Chiesa pura, senza nessun compromesso con la realtà terrena. Alessandro VI pensava a rafforzare lo Stato e i possedimenti terreni di quella stessa Chiesa.

—Servendosi del figlio Cesare, tanto ammirato dal Machiavelli.
—Machiavelli è contro il destino, la fatalità. Crede all'azione dell'uomo. Dell'uomo forte, certo. Cesare Borgia è per lui un esempio di azione politica. Cesare in pochi anni, tra il 1498 e il 1503, riesce in effetti a costruirsi con grande abilità uno Stato personale nell'Italia centrale. Appena il padre muore, perde tutto. Ma anche dopo il suo fallimento Machiavelli nel Principe lo usa come modello di "virtú", virtú intesa come capacità di gestire le crisi politiche e militari.

—Modello dove spazio per la virtú come la intendiamo noi ce n'e poco...
—Quello scandalistico non era l'aspetto che mi interessava. Certo, i Borgia hanno commesso crimini. Cesare ha probabilmente fatto assassinare il fratello Juan. Forse anche il secondo marito di Lucrezia, Alfonso d'Aragona. Si parla addirittura di incesto tra Alessandro VI e la figlia Lucrezia.

—Lucrezia, forse la figura piú romanzesca, rimane un po' in ombra...
—È una vittima. Anche se in realtà si innamora di tutti i suoi mariti. Ma deve accettare la legge della famiglia. Un rapporto in un certo senso mafioso. La parola mafioso è moderna, ma dà un'idea adeguata. Fedeltà totale alla famiglia. In fondo la mafia è la trasmissione di questa logica a settori piú "bassi" del potere. Ma Lucrezia è una figura complessa. È una donna colta. Quando diventa duchessa di Ferrara si circonda di artisti, dialoga alla pari con poeti come Ariosto e Bembo.

—Il romanzo si chiude con San Francesco Borgia, la "pecora bianca" della famiglia.
—Volevo sottolineare l'idea del ciclo chiuso. Francesco, generale dell'ordine dei Gesuiti, viene educato al disprezzo di Alessandro VI e Cesare. Suo nonno era quel Juan morto assassinato. Lui vive nell'ansia del riscatto morale.

—Ma con il chiudersi del ciclo dei Borgia, si chiude anche il Rinascimento...
—La riforma morale della Chiesa si traduce in guerra di religione: Lutero fonda il protestantesimo e si stacca da Roma. La Chiesa reagisce con la Controriforma. I gesuiti, piú un'armata ecclesiastica che un ordine religioso, pongono fine, in fondo, al Rinascimento. Ed è la fine della "doppia verità", che faceva rivivere il mondo pagano sotto pretesti cristiani.

—In che modo?
—Lo si vede bene nella pittura. Con la scusa di dipingere la Vergine, si ritraevano le belle donne del tempo. Gli appartamenti Borgia in Vaticano, affrescati dal Pinturicchio, sono un esempio di "doppia verità". Con la Controriforma, l'imposizione di un canone preciso anche per l'uso delle immagini, tutto ciò cessa. Era inevitabile. Il cambiamento è stimolato da bisogni sociali. Ma arriva un momento in cui prevale la paura del cambiamento. E subentra la reazione. Nel caso del Rinascimento, la Controriforma. Dopo la rivoluzione francese, il colpo di Stato di Napoleone. Dopo quella russa, lo stalinismo. Nei Borgia, Alessandro VI e San Francesco Borgia.


Ancora su O Cesare o nulla:

1) Articolo di Antonio Gnoli

2) Intervista su Mucchio selvaggio

3) Intervista su l'Unità

4) Chi sono i Borgia