M.V.M.

Creato il
1/12/97.


Sul vecchio Real è tornata la luce

MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN

La Repubblica, 21 / 5 / 1998.


Il Real giocava ieri sera le sue ultime carte per salvare la stagione e i suoi dirigenti hanno messo in moto una campagna di presa di coscienza nazionale per indicare la squadra come rappresentante della nazionale spagnola, una rappresentatività che aveva già avuto ai tempi di Franco quando era l'unico emblema vincente da esportare e il Caudillo si interessava alle sue formazioni e sistemi di gioco. Franco arrivò a proporre ai suoi amici, che per fortuna erano pochissimi, un nuovo sistema per risolvere i pareggi. Invece dei penalties, servirsi dei corner con bravi cannonieri. Franco aveva delle piccole idee per quasi tutto, finanziò persino il progetto di estrarre benzina sintetica dalle piante che crescono sulle rive dei fiumi, non importa di quali fiumi.
Da alcuni anni una parte dei tifosi del Real Madrid ha tentato di recuperarne il carattere di squadra rappresentativa dello Stato, spalleggiati dal debole per il Real confessato dall'attuale capo di Governo, José Maria Aznar. E all'interno di quel settore nazionalista replicante del nazionalismo catalano che tifa per il Barca o di quello basco che tifa per l'Atlético di Bilbao, c'è quell'altro settore nostalgico degli anni del fascismo e che accorre allo stadio inalberando la bandiera franchista.
Il mondo intero ha potuto vedere durante lo sventurato episodio della porta abbattuta nello stadio del Real, che gli energumeni dell'estrema destra autori di tale prodezza ostentavano la bandiera imperiale dei tempi di Franco e non la bandiera monarchico-democratica. Questo non significa che tutti i tifosi del Real appoggino la rinazionalizzazione della squadra e ancor meno che tale rinazionalizzazione debba avere un carattere franchista, ma i dirigenti la adoperano per superare il disagio generato dalla minacciosa crisi economica che si avventa sul club.
Il Real ha debiti per circa trenta miliardi di pesetas e, come viene ammesso dai suoi dirigenti più assennati, ha strutture obsolete ed è sul punto di fare il suo ingresso nella modernità quando la postmodernità è ormai agli sgoccioli. L'indiscutibile classe individuale dei suoi giocatori ha fatto sì che il crollo vissuto nel campionato spagnolo non abbia intaccato la partecipazione alla Champions League. L'Europa ha rappresentato per i giocatori e per la tifoseria o un richiamo o una fuga in avanti. Nella gabbia del mito del Real vincitore di sei coppe d'Europa, la conquista della settima era diventata condizione indispensabile per riconfermare un'identità che sempre é stata egemonica.
Sono passati 32 anni da quando il Real vinse la sua ultima coppa d'Europa, 32 anni spesi nel tentativo di trasformare un album di foto ingiallite nello specchio della nuova vittoria annunciata. L'appena concluso campionato spagnolo si era presentato come il campionato delle stelle, dovuto al gran numero di calciatori stranieri di fama internazionale ingaggiati da quasi tutte le squadre spagnole. Gli introiti ottenuti mediante le trasmissioni televisive hanno permesso che persino certe formazioni modeste potessero comporre organici di stranieri piuttosto famosi, addirittura si è dato il caso di formazioni in cui non figurava un solo giocatore spagnolo. Ma il pubblico ha la sensazione di avere presenziato al peggior calcio degli ultimi anni e intuisce che buona parte delle stelle della costellazione è giunta con poca luce se non spenta. L'irregolare quanto non mediocre gioco del Barcellona, vincitore del campionato e della Coppa, non è riuscito a soddisfare i suoi seguaci e il Real è arrivato alla fine della Liga de Campeones dopo una campagna deludente. Non è manco riuscito a raggiungere uno dei due posti che gli avrebbero consentito di giocare alla Champions League del prossimo anno e soltanto la vittoria sulla Juve gli ha dato questa opportunità.

(Traduzione di Hado Lyria)